In ambito lavorativo, Whatsapp è diventato uno strumento a doppio taglio: come può utilizzarlo il datore di lavoro.
Nel periodo storico in cui siamo immersi, la tecnologia ha preso campo in tutto e per tutto nelle nostre vite. App di messaggistica come Whatsapp hanno sostituito nel loro piccolo le chiamate lavorative e, talvolta, anche le comunicazioni ufficiali. Da qui la nascita di una certa confusione, specialmente per i dipendenti che si trovano ‘costretti’ a tenere gli occhi aperti su Whatsapp.
Partiamo dal dovere in sè. In realtà, a meno che non vi sia una clausola specifica nel proprio contratto, non vi è un obbligo legale di dover far parte ad una chat di lavoro. Il motivo è abbastanza semplice: questo comporterebbe il fatto che tutti debbano avere necessariamente uno smartphone (cosa non scontata).
Ovviamente, se oltre ad essere presente la clausola, il datore di lavoro fornisce uno smartphone aziendale con tanto di sim, è più difficile ‘sfuggire’ a tale obbligo. Tutto questo può sembrare banale, ma spesso questo strumento di messaggistica viene utilizzato per l’invio di comunicazioni importanti via Whatsapp, che per sbadataggine o riservatezza non vengono lette, spesso fuori orario di lavoro. Il tutto può comportare disagi, specialmente se il datore di lavoro si avvale di Whatsapp per licenziare un dipendente. Ma vediamo nel dettaglio.
Ad oggi Whatsapp è sicuramente un mezzo molto utile e pratico per comunicare anche in ambito lavorativo, poiché permette una comunicazione diretta e senza particolare impegno. Tuttavia, è bene precisare quali sono i limiti e diritti dell’era moderna, dalla reperibilità continua al vero e proprio licenziamento che potrebbe avvenire tramite messaggio.
In primo luogo, la legge specifica che Whatsapp può considerarsi un vero e proprio mezzo ufficiale per diverse comunicazioni attinenti al lavoro. Tuttavia, c’è da precisare che questo non comporta necessariamente la totale reperibilità fuori dall’orario di lavoro; sempre che il contratto non lo preveda indipendentemente dallo strumento utilizzato.
In seconda battuta, visti i numerosi casi avvenuti negli ultimi anni, è bene precisare che un licenziamento comunicato al dipendente su Whatsapp può considerarsi a tutti gli effetti valido, poiché rientra nella categoria delle comunicazioni telematiche. La giurisprudenza ritiene infatti legittimo il licenziamento tramite Whatsapp o strumento analogo, in quanto assolve all’obbligo della forma scritta previsto dalla legge (art. 1, l. n. 604/1966). Tuttavia, c’è anche un margine a favore del dipendente che, per un motivo o per l’altro, può non accettare l’atteggiamento.
Se il dipendente riesce a dimostrare di non aver letto la comunicazione, il licenziamento non può considerarsi valido. Nonostante ciò, è bene precisare che questo non può essere dimostrato davanti ad un giudice con la sola spunta blu.
D’altra parte, il datore di lavoro può dimostrare che il messaggio è stato letto semplicemente portando alcune prove in aula. Tra queste può rientrare la testimonianza di altri dipendenti a cui è stato fatto leggere il messaggio dallo stesso ricevente, o le informazioni chieste al proprio legale da parte del dipendente. Insomma, il licenziamento su Whatsapp è considerato lecito e il datore di lavoro ha diversi mezzi per difendersi in caso di contestazione.
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